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La storia di Ciaran, salvato dalla diagnosi del fratello

La storia di Ciaran, salvato dalla diagnosi del fratello

I due bambini sono affetti da leucodistrofia metacromatica: solo il più piccolo, però, ha potuto sottoporsi alla terapia genica dell’SR-Tiget di Milano. Ora il padre sta lottando per introdurre anche in Irlanda lo screening neonatale esteso

 

Milano – Cathal a maggio compirà 5 anni, e i suoi genitori sono consapevoli del fatto che questi saranno i suoi ultimi mesi. Cinque anni, infatti, è in media l’aspettativa di vita dei bambini affetti come lui da leucodistrofia metacromatica.  Se in questa storia c’è un senso, è che l’esistenza di Cathal potrebbe contribuire a salvare quella di suo fratello Ciaran, di un anno più piccolo. La famiglia Martin vive in Irlanda: il papà Les è ingegnere, la mamma Lynda infermiera. Hanno tre figli, dei quali solo la primogenita, Holly, è sana.

Cathal dalla nascita fino al primo anno stava bene; cominciava a parlare e a camminare, o almeno a provarci: gattonava in un modo strano, muovendosi sul pavimento da seduto”, racconta Les Martin. “Così andammo dal medico per capire quale fosse il problema: c’era qualcosa che non andava, ma non si sapeva bene cosa. Nel dicembre 2016, due giorni prima di Natale, a Cathal venne diagnosticata la leucodistrofia metacromatica”.

Oggi i muscoli di Cathal sono diventati così deboli che non è più in grado di camminare, né di nutrirsi da solo, masticare o inghiottire, e viene alimentato attraverso una sonda inserita nello stomaco. Ha perso la vista, l’uso della parola ed è completamente paralizzato. A questo stadio di malattia, purtroppo, non c’è nessuna terapia che possa curarlo. “La leucodistrofia metacromatica è lo scenario peggiore per un genitore: è molto difficile dover assistere al lento declino di tuo figlio, sapere di doverlo perdere e non poter fare nulla”, prosegue Les. “La probabilità per me e Lynda di avere un figlio con questa malattia era una su quattro, quindi decidemmo di sottoporre ad accertamenti anche Ciaran: all’epoca aveva 9 mesi e stava bene, ma i test genetici rivelarono la stessa patologia di Cathal”.

Ciaran, però, era presintomatico, non mostrava ancora alcun segno della malattia: per lui, quindi, ci poteva essere una possibilità di cura. È a questo punto che il destino dei due fratelli, pur intrecciato, si divide. Uno spiraglio di luce si intravede per Ciaran: i medici irlandesi si mettono in contatto con i colleghi dell’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano, che consigliano alla famiglia di salire sul primo aereo e arrivare in Italia immediatamente. Nell’Istituto, infatti, sono in corso diverse sperimentazioni di terapia genica su malattie rare, gravi e invalidanti: una di queste è proprio la leucodistrofia metacromatica. I Martin si trasferiscono a Milano per sette mesi, durante i quali Ciaran si sottopone alla terapia che gli salverà la vita.

“La leucodistrofia metacromatica è una malattia neurodegenerativa molto grave dovuta a un difetto genetico in un enzima preposto all’eliminazione delle sostanze tossiche nel cervello e nei nervi, quindi molto importante per il funzionamento del sistema nervoso, per le funzioni cognitive e motorie”, spiega il prof. Alessandro Aiuti, vicedirettore e coordinatore della ricerca clinica dell’SR-Tiget e ordinario di Pediatria presso l’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.

“La terapia genica sviluppata presso il nostro Istituto consente di correggere il difetto alla radice, introducendo una copia sana del gene nella cellula staminale ematopoietica: così tutte le cellule figlie avranno una copia sana del gene”, continua Aiuti. “Queste cellule vengono poi reinfuse nel paziente, e cominciano a produrre globuli bianchi, globuli rossi, piastrine, e soprattutto la proteina o l’enzima mancante. È una tecnologia innovativa e molto potente, applicabile potenzialmente a moltissime malattie”.

Ciaran, dopo qualche mese, ha iniziato ad alzarsi in piedi e provare a camminare, e i genitori sperano di vederlo progredire oltre il punto a cui si è fermato Cathal. Oggi, due anni dopo la fine del trattamento, il bambino ha smesso di peggiorare, ma non riesce ancora a camminare senza un aiuto. La terapia genica che ha ricevuto, infatti, si è dimostrata molto efficace nei casi trattati precocemente, ma poiché Ciaran aveva un anno all’epoca del suo arrivo a Milano – un’età già borderline – non è sfuggito del tutto ai danni provocati dalla malattia. “Abbiamo motivo di sperare che non peggiorerà e continuerà a crescere. Ha da poco compiuto tre anni, frequenta l’asilo e si sviluppa normalmente in tutti gli altri ambiti. Le cose che abbiamo imparato sulla malattia dopo la diagnosi di Cathal hanno dato una possibilità a suo fratello: se c’è un po’ di significato in quello che sta succedendo a Cathal, è che ha contribuito a salvare Ciaran”.

Nel periodo trascorso a Milano, la famiglia Martin ha avuto la possibilità di conoscere meglio il funzionamento del Servizio sanitario italiano, e in particolare la nuova legge che nel 2016 ha introdotto lo screening neonatale esteso e obbligatorio per 47 patologie. Les ha studiato a fondo i dati che hanno portato a questa scelta, con l’aiuto di Telethon, di AISMME (Associazione Italiana Sostegno Malattie Metaboliche Ereditarie) e del prof. Giancarlo La Marca, presidente della SIMMESN (Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale).

In Irlanda sono solo 8 le patologie sottoposte a screening neonatale: da qui l’idea di copiare il modello italiano. “Secondo le statistiche, un bambino su 1.500 nasce con una delle patologie inserite nel pannello italiano”, sottolinea Les Martin. “Applicando questi numeri alle 60.000 nascite che si registrano annualmente qui in Irlanda, potremmo individuare e trattare 40 bambini, e risparmiare una sofferenza indicibile sia a loro che ai genitori”. A supporto della sua battaglia, Martin ha lanciato una petizione online,  che ha raccolto finora oltre 6.600 firme. Inoltre, proprio questa mattina, Les Martin incontrerà il Ministro della Salute irlandese, Simon Harris, per illustrargli il suo dossier e sollecitare politiche di screening più ampie nel Paese.

Il nostro sistema di screening neonatale è già conosciuto e apprezzato in Europa: gli europarlamentari, infatti, hanno avuto la possibilità di approfondire l’esperienza italiana nel corso di un convegno organizzato dal vicepresidente del Parlamento europeo, Fabio Massimo Castaldo, e dalla vicepresidente del Senato, Paola Taverna, che si è tenuto a Bruxelles lo scorso 30 gennaio. Ora, grazie all’impegno e alla generosità di Les Martin, l’Irlanda potrebbe decidere di ampliare il suo pannello di screening, e altri Stati, in futuro, potrebbero seguire l’esempio.

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