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Screening neonatale: 10 nuove malattie rare attendono di essere incluse nella lista nazionale

Screening neonatale: 10 nuove malattie rare attendono di essere incluse nella lista nazionale

Oggi sarebbe possibile e utile ricercare alla nascita SMA, Fabry, Gaucher, Pompe, MPS I, ADA-SCID, PNP-SCID e altre immunodeficienze, adrenoleucodistrofia e sindrome adrenogenitale. Nomi difficili per un obiettivo semplice: salvare la vita e la salute di decine di neonati ogni anno

Alla fine del 2020 erano 7 le patologie che, rispettando i criteri riconosciuti dalla comunità scientifica, potevano aspirare ad essere inserite nella lista nazionale (panel) di quelle ricercate alla nascita attraverso lo screening neonatale. In attesa di un aggiornamento del panel – che doveva essere fatto dal Ministero della Salute entro il giugno 2021 – grazie ai progressi della medicina il numero di malattie per le quali oggi si potrebbe intervenire precocemente è salito a 10, con l’aggiunta di tre patologie che oggi hanno un test valido e una terapia efficace. Oltre alle malattie di Fabry, Gaucher, Pompe, mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I), atrofia muscolare spinale (SMA), immunodeficienza ADA–SCID e adrenoleucodistrofia X-linked (X–ALD), che già nel 2020 avevano tutte le carte in regola, ne entrano altre tre: l’immunodeficienza PNP–SCID, le altre immunodeficienze rilevabili con test TREC/KREC e la sindrome adrenogenitale.

Per tutte queste 10 patologie oggi esistono dei test facilmente eseguibili, già utilizzati in progetti regionali in Italia, e per tutte si può intervenire efficacemente con terapie farmacologiche, incluse alcune terapie geniche, con il trapianto o una dieta specifica, dando a chi ne è affetto una prospettiva di vita in salute o comunque con un carico di malattia molto più lieve. Per ciascuna di queste patologie ci sono già esperienze di screening neonatale in diverse Regioni italiane che hanno portato nel tempo a salvare la vita a decine di bambini. Solo con un inserimento nel panel nazionale, però, si potrà raggiungere l’uniformità in tutta Italia, e dare così le stesse opportunità ad ogni bambino.“Ogni giorno di ritardo nell’implementazione della legge 167/2016 può costare la vita o la salute a uno di loro”, ha spiegato Ilaria Ciancaleoni Bartoli, Direttrice di Osservatorio Malattie Rare. I termini per l’aggiornamento sono scaduti da tempo. Sappiamo che il tavolo tecnico del Ministero ha fatto un grande lavoro in questo ultimo periodo e ci auguriamo che il Ministro Schillaci voglia immediatamente prenderne atto e trasporlo in un decreto, e che i successivi aggiornamenti procedano poi in modo più spedito”.

La situazione attuale dello screening in Italia e l’analisi di quali patologie possano e debbano essere inserite nel nuovo panel sono contenute nella seconda edizione del Quaderno SNE – Prospettive di estensione del panel”, realizzato da OMaR – Osservatorio Malattie Rare con il patrocinio di Fondazione Telethon e che fa seguito alla prima edizione del 2020. I risultati sono stati presentati questa mattina nel corso del convegno “Screening neonatale esteso: i traguardi raggiunti, i nodi irrisolti e le opportunità del prossimo futuro”, al quale hanno partecipato un ampio numero di clinici – in rappresentanza dei 26 coinvolti nella stesura del Quaderno – e diverse associazioni di pazienti, oltre che rappresentanti istituzionali come l’On. Marcello Gemmato, Sottosegretario di Stato alla Salute con delega alle Malattie Rare, Lisa Noja, Consigliera del Comune di Milano, già Deputata della XVIII Legislatura e l’On. Simona Loizzo, Commissione XII “Affari Sociali”, Camera dei Deputati.

La realizzazione del documento e del convegno è stata resa possibile grazie al contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases Italia, Novartis, Orchard Therapeutics, PTC Therapeutics, Roche e Sanofi.

“Lo screening neonatale è uno strumento importante per la diagnosi precoce di malattie che, altrimenti, potrebbero portare a un esito infausto o a gravi disabilità.  L’Italia, insieme agli Stati Uniti, è il Paese dove si ricercano più patologie, ben 48, ma siamo fiduciosi nell’arrivo dei decreti di allargamento del panel, così che si possa dare questa opportunità anche a bimbi affetti da ulteriori malattie”. Così il Prof. Andrea Pession, Direttore dell’Unità Operativa di Pediatria dell’IRCSS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna e Presidente della SIMMESNSocietà Italiana Malattie Metaboliche Ereditarie e Screening Neonatale, ha aperto l’evento di presentazione del Quaderno.

“Successivamente – ha aggiunto Pession – bisognerà essere solerti con un costante aggiornamento, perché ci sono altre malattie che grazie al progresso scientifico arriveranno presto ad avere le carte in regola per lo screening, come ad esempio la ASMD, prima nota come malattia di Niemann-Pick, la leucodistrofia metacromatica, il deficit di AADC e diverse altre forme di mucopolisaccaridosi”.
Quelle elencate dal Prof. Pession sono infatti le patologie che, secondo l’analisi fatta dagli esperti che hanno lavorato al Quaderno, hanno avuto un esito “favorevole con riserva” o in alcuni casi “negativo” per la mancanza, oggi, di un test, di una terapia efficace o magari di esperienze consolidate, ma per le quali questi risultati sono ormai vicini grazie alla ricerca o grazie a progetti pilota già avviati.

Ma guardando ad un futuro in cui saranno sempre più le malattie rare ricercate e individuate grazie allo screening neonatale, bisogna anche pensare all’impatto di questo sul Servizio sanitario nazionale e andare quindi verso percorsi più efficienti, così da avere un uso ottimale delle risorse. “Per migliorare il sistema non basta aumentare le malattie ricercate”, ha infatti detto il Prof. Pession. “Servono meno centri ma più attrezzati e con personale formato, anche favorendo gli accordi interregionali, e standard di qualità sempre più alti”.

“La legge 167 è un fiore all’occhiello del nostro Paese e di passi avanti in questi anni ne sono stati fatti tanti, ma si può e si deve ancora migliorare”, ha affermato il Prof. Giancarlo la Marca, Direttore del Laboratorio Screening Neonatale Allargato dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer di Firenze. “I laboratori sono passati dai 30 iniziali a 15, coprendo mediamente un bacino di 25.000 nati ciascuno. La copertura ottimale sarebbe però di 60.000 neonati, e dunque si può efficientare ancora. I fondi ci sono, ma anche in vista di un allargamento e della probabile necessità di dotarsi di nuove tecnologie e personale formato bisogna efficientare al massimo e far sì che i finanziamenti previsti nei LEA arrivino effettivamente alle strutture che si occupano del percorso screening. Ad oggi questi finanziamenti arrivano alle Regioni in un fondo indistinto e non vincolato allo scopo: sarebbe opportuno, per il futuro, identificare un meccanismo che garantisca la specifica destinazione dei fondi al percorso di screening neonatale. Si tratta di un presupposto importante e necessario per garantire un livello di screening qualitativamente soddisfacente, con personale dedicato, e un servizio uniforme su tutto il territorio, tanto più in vista di un prossimo allargamento del panel”.

Un tentativo di superare questa difficoltà relativa ai finanziamenti è stato fatto durante la Legge di Bilancio dall’On. Maria Elena Boschi, Coordinatrice dell’Intergruppo Parlamentare Malattie Rare. L’emendamento proposto, se fosse stato approvato, avrebbe obbligato il Ministero della Salute ad emanare un decreto per stabilire i criteri e le modalità per l’utilizzo delle risorse destinate allo SNE, ogni anno ripartite tra le Regioni, vincolandole all’effettiva attivazione di percorsi di screening neonatale. La proposta, purtroppo, non ha superato il vaglio della Camera dei Deputati, ma si spera che in futuro possa essere riproposta anche grazie alle importanti manifestazioni di interesse arrivate da tutti i componenti dell’Intergruppo.

Lo stato dell’arte nelle diverse regioni italiane

Nell’attesa, ormai lunga, dell’aggiornamento del panel nazionale tante Regioni, consapevoli del valore di questa misura, si sono mosse da sole aggiungendo altre patologie al proprio panel, una misura senza dubbio lodevole ma che ha portato a importanti differenze regionali: su 20 Regioni, 16 hanno attivato autonomamente almeno un programma. A guidare la classifica di quelle che hanno aggiunto il maggior numero di condizioni attualmente già ricercate c’è la Puglia con 10 patologie in più rispetto al panel nazionale; a seguire l’Abruzzo (7), il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e la Toscana (5), il Trentino (4), la Lombardia e la Liguria (2), il Piemonte, la Valle d’Aosta, l’Emilia Romagna, il Lazio, la Campania e la Sicilia (1). Sono numerosi, però, i progetti pilota che sono in fase di avvio: sette in Lombardia, due in Toscana e uno nelle Marche, in Campania e in Basilicata.

Nessun progetto attivo, né di prossima partenza al momento, in Umbria, Molise, Calabria e Sardegna.

Da segnalare però che molti di questi progetti sono “sperimentali” e a scadenza saranno soggetti a riconferma, mentre solo la Puglia (per tutte le 10 malattie), il Triveneto e la Toscana (per 4 patologie), il Lazio (per la SMA) e la Lombardia (per le SCID) le hanno stabilmente inserite per legge regionale. Solo l’auspicato inserimento di tutte le patologie “in attesa” nel pannello nazionale di screening potrà garantire che i neonati abbiano tutti gli stessi diritti, a prescindere dalla Regione di nascita.

 

Le patologie immediatamente inseribili nel panel e quelle da rivalutare a breve

La seconda edizione del Quaderno SNE – Prospettive di estensione del panel è stata redatta sia tenendo conto del dettato della normativa italiana, che impone di aggiornare la lista delle “malattie metaboliche ereditarie, malattie neuromuscolari genetiche, malattie lisosomiali e immunodeficienze severe congenite”, sia allargando lo sguardo a ciò che nei fatti avviene sia in Italia che nel resto del mondo. Tale ampliamento di visione ha portato anche all’analisi di una malattia endocrinologica, la sindrome adrenogenitale, e delle due più diffuse emoglobinopatie, la talassemia e la drepanocitosi, nota anche come anemia falciforme. In totale sono state analizzate 35 patologie alla luce dei requisiti minimi stabiliti nel 1968 dai Criteri di Wilson e Jungner, ma anche guardando, in aggiunta, alle specifiche esperienze esistenti in Italia e nel mondo.  La realizzazione del documento e del convegno è stata resa possibile grazie al contributo non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases Italia, Novartis, Orchard Therapeutics, PTC Therapeutics, Roche e Sanofi. Ecco cosa è stato definito e con quali motivazioni.

LE PATOLOGIE CHE POSSONO ESSERE IMMEDIATAMENTE INSERITE NEL PANEL

Malattie neuromuscolari: parere positivo per la SMA, già ricercata in metà delle regioni italiane

Riguardo alle malattie neuromuscolari è stato dato parere positivo all’inserimento nel panel della SMA – atrofia muscolare spinale. Per questa patologia, infatti, oggi ci sono ben tre terapie efficaci che possono essere effettuate a poche settimane dalla nascita e che tanto più vengono fatte precocemente tanto più cambiano la storia della malattia. Il test genetico è già validato e in Italia, tra progetti pilota e pienamente operativi, sono sette le Regioni che hanno aggiunto la SMA al proprio panel e sono invece cinque quelle con progettualità che a breve dovrebbero essere avviate. L’inserimento nel panel nazionale garantirebbe a tutti i neonati di avere la stessa opportunità, e in questo specifico caso una diagnosi alla nascita può fare la differenza tra la vita e la morte.

“Se in passato un bimbo con la forma più grave aveva poche chance di sopravvivenza oltre i 2 anni di età, oggi possiamo eliminare la parola ‘fatale’ dalla prognosi grazie alle nuove terapie, che sono tanto più efficaci quanto più sono precoci. Abbiamo ormai verificato che i bambini affetti dalle forme gravi non sono più a rischio di sopravvivenza e inoltre acquisiscono le tappe motorie a un’età simile a quella dei bimbi non affetti. Solo pochi anni fa non sarebbero nemmeno riusciti a stare seduti”, ha dichiarato il Prof. Eugenio Mercuri, Direttore U.O.C. Neuropsichiatria Infantile, Policlinico Gemelli di Roma e Direttore Scientifico Centro Clinico NeMO Roma. “In Italia le prime due Regioni che hanno attivato un progetto pilota per lo screening neonatale della SMA sono state il Lazio e la Toscana. Ad oggi, abbiamo potuto confermare 18 diagnosi, tra bambini sintomatici e asintomatici. Il dato conferma l’incidenza attesa della malattia e, soprattutto, mette in evidenza come lo screening neonatale sia stato efficace nel salvare la vita e la salute di 18 neonati che in assenza di questo programma avrebbero velocemente sviluppato i sintomi della malattia andando incontro a disabilità gravissime e morte precoce”, ha sottolineato il Prof. Mercuri.

Malattie metaboliche: sono 5 quelle in attesa, per tutte sono già attivi programmi regionali

Il Tavolo di lavoro che ha valutato le malattie metaboliche, incluse quelle lisosomiali, ha preso in esame ben 25 patologie: di queste, 5 hanno ricevuto parere favorevole all’inserimento nel panel nazionale: malattia di Fabry, malattia di Gaucher, malattia di Pompe, mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I) e adrenoleucodistrofia X-linked (X-ALD). Sono le stesse che avevano avuto parere favorevole già nel 2020, e che nel tempo hanno aumentato le evidenze a supporto. Per queste patologie oggi ci sono delle terapie efficaci (sia di tipo farmacologico che trapiantologico), dei test commerciali disponibili e validati e, inoltre, ci sono Regioni che da anni effettuano già con successo lo screening neonatale per diagnosticarle. In Toscana, dal 2014, vengono ricercate alla nascita, attraverso la raccolta di gocce di sangue a 48-72 ore di vita, le malattie di Fabry, Pompe e la MPS I, mentre nell’80% del Triveneto (tutto il Friuli e le province di Trento, Padova, Venezia, Treviso e Belluno) dal 2015 oltre a queste patologie viene ricercata anche la malattia di Gaucher. Grazie a questi progetti, che ormai sono stati resi stabili tramite leggi regionali, è stato possibile individuare 54 neonati affetti da Fabry, 50 da Pompe, 8 da Gaucher e 3 da MPS I.

“In assenza di screening neonatale queste persone vagano per anni senza capire l’origine delle loro sofferenze, o muoiono senza che la famiglia sappia il perché, né conosca il proprio rischio genetico”, ha spiegato il Prof. Alberto Burlina, Direttore dell’UOC Malattie Metaboliche Ereditarie presso l’Azienda Ospedaliero Universitaria di Padova. “Le terapie a disposizione sono diverse e sono assolutamente efficaci, ma solo se la diagnosi è precoce. Si può procedere con la terapia enzimatica sostitutiva, ma per la mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I) ci sono stati importanti progressi terapeutici anche nella pratica del trapianto di cellule staminali ematopoietiche, e sono in corso di sviluppo clinico farmaci di terapia genica. Nel Triveneto, grazie al programma di screening, abbiamo individuato tre neonati affetti, tutti trapiantati prima dei 6 mesi di vita: questi bimbi, senza lo screening, oggi sarebbero gravemente compromessi e forse ancora alla ricerca di una diagnosi”.

Parere positivo anche per l’adrenoleucodistrofia legata all’X (X-ALD), che nella sua forma cerebrale infantile (CALD) si presenta con problemi neurologici ingravescenti e insufficienza corticosurrenalica, ed esordisce intorno ai 4-8 anni. Per il trattamento di questa patologia oggi è possibile intervenire con un trapianto di cellule staminali ematopoietiche da donatore compatibile, mentre per ora la terapia genica è disponibile solo negli Stati Uniti. Per questa patologia lo screening è attivo solo in Lombardia dal primo settembre 2021, grazie a un progetto pilota – il primo in Italia – finanziato dal Ministero della Salute tramite il bando per la Ricerca Finalizzata e diretto dal Dr. Davide Tonduti, coordinatore del centro per leucodistrofie COALA dell’Ospedale Buzzi di Milano: qui, nel primo anno e mezzo di attività, 5 pazienti (tre maschi e due femmine) sono risultati positivi al test e sono stati inviati al centro al COALA per la presa in carico multidisciplinare che coinvolge neuropsichiatri infantili, genetisti, endocrinologi, pediatri nutrizionisti, dietisti. Anche la Toscana (Ospedale Meyer di Firenze) sta valutando l’avvio di un progetto pilota.       

“L’adrenoleucodistrofia non è una patologia statica o lineare: ci sono forme e sintomi diversi, e la diagnosi precoce è praticamente impossibile, tranne nel caso in cui ci siano già stati casi di mutazione del gene ABCD1 in famiglia. Ma solo con una diagnosi molto precoce si può procedere con il trapianto di cellule staminali midollari, al momento l’unica terapia disponibile per la forma cerebrale. Per questo è essenziale lo screening neonatale, per non perdere l’unica opportunità di vita per questi bambini”, ha detto la Prof.ssa Isabella Moroni, Responsabile Struttura Semplice Malattie Metaboliche, Degenerative e Neuromuscolari, U.O.C. Neuropsichiatria Infantile, Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano.          

Immunodeficienze: via libera ad ADA-SCID, PNP-SCID e per le altre forme rilevabili con test TREC/KREK

Per le immunodeficienze primitive è stato dato parere favorevole per due forme di “immunodeficienze combinate gravi”, l’ADA-SCID e la PNP-SCID, ma anche per le “altre immunodeficienze rilevabili con test di tipo TREC/KREC”, raccomandando solo che per questo ultimo test sia previsto un tempo di adeguamento per alcuni laboratori non ancora attrezzati. “Le immunodeficienze sono gravi patologie del sistema immunitario: chi ne è affetto ha una minore capacità di far fronte a virus, funghi e batteri. Con una diagnosi alla nascita si può agire riducendo le infezioni con la somministrazione di immunoglobuline e antibiotici, e si può ricorrere al trapianto di cellule staminali ematopoietiche per ottenere una guarigione definitiva. In alcuni casi si può ricorrere anche alla terapia genica, che è iniziata proprio come frutto della ricerca italiana”, ha affermato la Prof.ssa Chiara AzzariDirettore Clinica Pediatrica II (U.O.C.) – Immunologia Pediatrica e Coordinatore Scientifico A.O.U. Meyer di Firenze. Per l’ADA-SCID e la PNP-SCID, così come per le altre immunodeficienze congenite diagnosticabili con TREC/KREC, la Toscana è stata la prima Regione ad effettuare lo screening, seguita nel corso degli anni da Campania, Liguria (Ospedale Gaslini), AOU di Padova, Centro screening di Palermo, Abruzzo, Puglia e a breve Lombardia.

Malattie endocrinologie rare

Nessun dubbio, infine, sulla necessità di inserire anche una malattia endocrinologica rara come l’iperplasia surrenalica congenita (CAH), nota anche come sindrome adrenogenitale. Per questa patologia è possibile un’efficace presa in carico attraverso la terapia ormonale sostitutiva permanente, per trattare l’insufficienza surrenalica e ridurre i livelli degli ormoni androgeni: con un trattamento adeguato, i pazienti possono avere un’aspettativa di vita normale. In Italia le uniche due Regioni che effettuano lo screening per la CAH sono la Lombardia, dal 2005, con delibera regionale, e l’Abruzzo, dal giugno 2022, con un progetto pilota.

8 LE PATOLOGIE “CON PARERE FAVOREVOLE CONDIZIONATO”, ECCO PERCHÉ

Deficit di AADC

Si tratta di una rara malattia neurometabolica ereditaria che si manifesta nei primi mesi di vita con gravi sintomi neurologici e progredendo porta i bimbi ad aver bisogno di assistenza continua. Il test può essere effettuato con kit e strumentazioni già ampiamente utilizzate dai laboratori e non è quindi un ostacolo. Fino a poco fa mancava una terapia, ma poi è stata approvata a livello europeo la terapia genica, di PTC Therapeutics, che ora attende di essere messa in commercio in Italia, mentre all’estero viene già utilizzata. Qualche esperienza di screening c’è in diverse Regioni, se pur si tratta di progetti avviati di recente. La speranza è che ad una successiva valutazione la terapia possa essere disponibile e i vari progetti pilota abbiano intanto prodotto dei solidi dati.

Malattia di Niemann-Pick di tipo A e B (ASMD)

Si tratta di una patologia sulla quale recentemente si è fatta maggiore chiarezza tanto da preferire il nome di “deficit di sfingomielinasi acida (ASMD)” rispetto a “malattia di Niemann-Pick”. A seconda delle forme si può manifestare nella prima infanzia o in età preadolescenziale, nel primo caso comporta anche compromissione cerebrale, ma manca nel secondo, dove sono comunque presenti gravi sintomi e danni d’organo. Fino a poco tempo fa non c’era una terapia, ma le cose sono cambiate nel luglio 2022 quando la Commissione Europea ha approvato la prima e unica terapia enzimatica sostitutiva, sviluppata da Sanofi, che ora attende la piena commercializzazione in Italia. La terapia è dunque dietro l’angolo e anche il test non è un problema: la malattia può essere rilevata con kit commerciali già diffusi e in alcune Regioni, nell’ambito di progetti di ricerca volti a validare l’efficacia del metodo di screening, sono stati rilevati casi di patologia. Il limite ad un immediato inserimento è rappresentato dunque soprattutto dalla mancanza di esperienze di screening su grandi numeri, un criterio che, visti i diversi progetti pilota in partenza, potrebbe essere soddisfatto in tempi molto brevi.

Leucodistrofia metacromatica (MLD)

Si tratta di una grave patologia neurodegenerativa dovuta a una mutazione genetica che causa un accumulo di solfatidi nell’organismo: le forme infantile e giovanile sono le più severe e comportano un progressivo deterioramento delle funzioni motorie e neurocognitive. Oggi se presa in tempo si può bloccare grazie a una terapia genica, Libmeldy, messa a punto all’Istituto San Raffaele Telethon per la Terapia Genica (SR-Tiget) di Milano e commercializzata da Orchard. Il limite all’inserimento nel panel nazionale è la mancanza di un test commerciale utilizzabile su larga scala. Uno è stato messo a punto dal Laboratorio di Screening dell’AOU Meyer, guidato dal Prof. la Marca, ma va provato su ampi numeri. Per questo c’è un progetto pilota in Toscana, finanziato anche grazie ai fondi donati dall’Associazione Voa Voa! Onlus – Amici di Sofia, che aspetta di poter partire. In Puglia la ricerca di questa patologia è stata inserita per legge regionale – ma il percorso non è ancora effettivamente avviato – mentre in Lombardia è previsto un progetto pilota per i nati al San Raffaele di Milano. “La leucodistrofia metacromatica presenta nella sua fase iniziale sintomi sfumati, spesso confondibili con disturbi neurologici più comuni e questo può ritardare la diagnosi. La malattia evolve poi però molto rapidamente e i danni prodotti sono irreparabili, portando ad una severa disabilità e mortalità precoce. Ora esiste una terapia efficace se somministrata prima della comparsa dei sintomi ed è per questo che speriamo di poter fare lo screening già nei neonati”, ha spiegato la Dr.ssa Francesca Fumagalli, specialista in Neurologia presso l’Unità di Immuno-ematologia Pediatrica dell’Istituto San Raffaele-Telethon per la Terapia Genica (SR-TIGET), IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Le mucopolisaccaridosi di tipo II, III, IV, VI e VII

Sono tutte malattie metaboliche gravi, se pur con manifestazioni ed effetti differenti, che impattano su diversi organi con vari gradi di disabilità. Quasi sempre comportano un’aspettativa di vita fortemente inferiore alla media, talvolta addirittura limitata alla prima decade. Le forme II, IV, VI e VII condividono tutte lo stesso limite: il test esiste, e sarebbe anche possibile eseguirlo con le attuali dotazioni, ma non ha il marchio CE. Questo nonostante vi siano delle terapie.

Per la MPS II (Sindrome di Hunter) infatti la terapia enzimatica sostitutiva esiste dal 2007 e nel 2022 gli Stati Uniti hanno aggiunto la MPS II all’elenco di condizioni raccomandate per lo screening neonatale, anche alla luce di alcuni progetti pilota. Per la MPS IV o Sindrome di Morquio vi è una doppia opzione terapeutica, il trapianto di cellule staminali ematopoietiche, possibilmente molto precoce, o la terapia enzimatica sostitutiva approvata fin dal 2014, e ci sono all’estero anche esperienze di screening. Per le rarissime MPS VI (Sindrome di Maroteaux-Lamy) e MPS VII (Sindrome di Sly) non solo è disponibile una terapia enzimatica sostitutiva, ma nel caso della MPS VI c’è anche una terapia genica in fase di sperimentazione.

Per tutte e quattro le forme il limite è l’autorizzazione in Europa del test: un problema apparentemente banale che però non permette di procedere. Potrebbe essere tutto molto più facile con l’introduzione di unico test validato per tutte le forme di MPS, che sembra essere non lontano, e per il quale c’è forte attesa.

Un po’ più lontana dall’obiettivo la MPS III (Sindrome di Sanfilippo), visto che non solo patisce, come le altre MPS, la mancanza di un test a marchio CE ma ha altri due limiti: non ha in questo momento una terapia approvata e non ci sono significative esperienze di screening. Limiti che però non sono del tutto insormontabili se si considera che ci sono diverse sperimentazioni cliniche in corso, sia di terapie geniche che di terapie enzimatiche sostitutive. I neonati di nuova diagnosi potrebbero quindi aspirare ad entrare in uno di questi studi ma questo requisito al momento – detto “trialability”, cioè possibilità di entrare in un trial – non è ancora tenuto in considerazione per ammettere le patologie nel panel.

  

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