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Screening neonatale: le 35 malattie più adatte ad essere inserite nei pannelli europei

Screening neonatale: le 35 malattie più adatte ad essere inserite nei pannelli europei

A individuarle è stato un nuovo algoritmo che tiene conto di diversi criteri: caratteristiche e gravità delle patologie, esistenza di un test diagnostico e disponibilità di un trattamento

Quali sono le condizioni che meglio si adattano ad essere incluse nei pannelli di screening europei? A rispondere a questa domanda è uno studio appena pubblicato sull’International Journal of Neonatal Screening da un gruppo di esperti europei, fra cui il dr. Alberto Burlina, Direttore dell’Unità Operativa Complessa Malattie Metaboliche Ereditarie presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova.

MALATTIE METABOLICHE EREDITARIE: PROGRESSIVE E DEVASTANTI

Le malattie metaboliche ereditarie sono una vasta classe di patologie genetiche rare, progressive e devastanti, con sintomi sovrapponibili. Una diagnosi accurata e tempestiva è essenziale per i pazienti, perché per molte di queste malattie è disponibile un trattamento (in alcuni casi anche solo una dieta) che può migliorarne la prognosi. Tuttavia, molti pazienti incontrano difficoltà nell’ottenerla per l’elevato numero di malattie simili e per l’eterogeneità dei sintomi e dei fenotipi. I programmi di screening neonatale possono ridurre il tempo necessario ad arrivare a una diagnosi e il conseguente impatto psicologico sui pazienti e sulle loro famiglie, e soprattutto consentono di ricevere un trattamento precoce e potenzialmente presintomatico.

I programmi di screening avvantaggiano anche la società e il sistema sanitario, perché una maggiore identificazione dei pazienti aumenta le conoscenze sulla storia naturale, la frequenza e le correlazioni genotipo/fenotipo delle diverse patologie, e può quindi essere utile per far progredire la diagnosi e le opzioni di trattamento. Molte di queste malattie, infatti, possono essere diagnosticate con precisione tramite il test delle macchie di sangue secco (dried blood spot, DBS). Inoltre, le prestazioni delle metodiche utilizzate per l’analisi (spettrometria di massa tandem e cromatografia liquida abbinata a spettrometria di massa tandem) sono estremamente avanzate: un campione può ora essere analizzato per un numero crescente di condizioni, e ciò ha consentito l’espansione dei programmi di screening neonatale.

GRANDI DISPARITÀ NELL’UNIONE EUROPEA

Negli Stati Uniti, il Recommended Uniform Screening Panel (RUSP), l’elenco federale di tutte le malattie raccomandate per lo screening neonatale, ha consentito l’espansione e la standardizzazione di questo esame in tutti gli Stati. In Europa, invece, ci sono alcuni Paesi che effettuano lo screening sui neonati per oltre venti condizioni, come l’Italia, l’Ungheria e l’Austria, mentre altre nazioni si fermano a sole due malattie.

In Italia, con l’approvazione della legge 167 del 19 agosto 2016, lo screening è diventato obbligatorio su tutto il territorio nazionale per ben 49 malattie metaboliche ereditarie per le quali esiste un trattamento praticabile. In seguito a questa audace normativa, nel 2019 il Parlamento dell’Unione Europea ha accolto favorevolmente l’introduzione del “modello italiano” e ha avviato una discussione sul modo in cui questo modello potrebbe essere adottato da tutti gli Stati membri. Tuttavia, nonostante la volontà di armonizzare i programmi di screening, ci sono ancora grandi disparità all’interno dell’UE e non esiste un approccio uniforme per la loro espansione.

COME FUNZIONA IL NUOVO ALGORITMO

Una soluzione è stata proposta nel 2021 dal dr. Burlina e da un team di colleghi europei: un nuovo algoritmo col quale è possibile valutare obiettivamente e dare priorità alle malattie metaboliche ereditarie da includere nei programmi di screening esteso. Con questo approccio si potrebbe costruire un pannello minimo standard di condizioni da raccomandare per lo screening in tutta Europa. L’algoritmo, infatti, utilizza criteri oggettivi, standardizzati e misurabili, basati sulle caratteristiche delle malattie e sulla loro gravità, sull’esistenza di un test di screening efficace e sulla disponibilità di un trattamento.

Utilizzando questo metodo, gli esperti hanno dapprima identificato 48 malattie metaboliche ereditarie, ventuno delle quali erano malattie da accumulo lisosomiale (LSD). In seguito hanno individuato i 35 disturbi che soddisfano maggiormente i classici Criteri di Wilson e Jungner e che quindi dovrebbero essere presi in considerazione per l’inclusione nei programmi in tutta Europa. Di queste 35 condizioni, tutte hanno una forma rapidamente progressiva, 33 hanno un test di screening disponibile e 31 una strategia di trattamento.

Come si nota nella tabella 1, il miglior candidato allo screening è il deficit del trasporto della carnitina (CUD), seguito dalle immunodeficienze combinate gravi (SCID), dall’acidemia glutarica di tipo 1 (GA1), dall’omocistinuria (HCU) e dalla fenilchetonuria (PKU). Quelle che meno si adattano ad essere inserite nel panel, invece, sono la malattia di Sandhoff (gangliosidosi GM2 di tipo II), la malattia di Farber, la malattia di Tay-Sachs (gangliosidosi GM2 di tipo I), la mucopolisaccaridosi di tipo VII (MPS VII, malattia di Sly) e la mucopolisaccaridosi di tipo IX (MPS IX, deficit di ialuronidasi).

BURLINA: “COMBINARE I MODELLI ITALIANO, INGLESE E OLANDESE”

“Abbiamo bisogno di una leadership che faccia da guida a un approccio coerente e metodologico per i programmi di screening in tutta Europa”, ha commentato il dr. Alberto Burlina. “La maggior parte degli Stati Membri europei non ha una legislazione che disciplina lo screening, ma alcuni Paesi hanno dimostrato di avere dei particolari punti di forza in quest’ambito. L’Italia, con la legge 167 del 2016, è diventata la nazione leader in Europa e la seconda nel mondo come numero di patologie incluse nel panel. Un altro esempio è il comitato nazionale di screening del Regno Unito (UK NSC), istituito nel 1996, che ha un rigoroso processo di revisione delle prove e si riunisce tre volte l’anno per formulare nuove raccomandazioni o aggiornare quelle esistenti”, prosegue Burlina.

“I programmi di screening dei Paesi Bassi, infine, sono molto reattivi. Le immunodeficienze combinate gravi (SCID) sono state aggiunte al pannello in meno di sei anni: nell’aprile 2015 sono state raccomandate per l’inclusione, nell’aprile 2018 è stato raccolto il primo campione di sangue e il 1° gennaio 2021 sono entrate a far parte del programma nazionale di screening. Per le stesse patologie, negli Stati Uniti ci sono voluti 12 anni, dal 2006 quando sono state designate per l’aggiunta al RUSP, al 2008 quando sono iniziati gli studi pilota in Massachusetts e Wisconsin, fino al 2018 quando sono state implementate in tutti i 50 Stati”, conclude il dr. Burlina. “Quello che dobbiamo fare è combinare l’ampiezza del pannello italiano con il rigore del Regno Unito e l’agilità del programma olandese”.

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