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In Svezia testato lo screening per cardiopatie congenite gravi da campione prelevato per lo SNE

In Svezia testato lo screening per cardiopatie congenite gravi da campione prelevato per lo SNE

L’analisi dei biomarcatori su campioni di sangue essiccato rappresenta un promettente metodo aggiuntivo per il miglioramento dello screening neonatale delle CHD ad alto rischio

È possibile quantificare nei neonati due biomarcatori del sangue circolante utilizzando quantità minime di campioni di sangue essiccato (DBS) con risultati affidabili per la diagnosi precoce di cardiopatie congenite (CHD) abbastanza gravi da richiedere un intervento chirurgico cardiaco durante l’infanzia? Da questa domanda sono partiti i ricercatori svedesi autori di uno studio recentemente pubblicato su JAMA Network Open.

Protagonisti dello studio sono due biomarcatori associati a stress cardiaco, ipossia (basso livello di ossigeno nel sangue) e infiammazione: il proormone aminoterminale del peptide natriuretico cerebrale (NT-proBNP) e il recettore dell’interleuchina 1 di tipo 1 (IL-1 RL1), due biomarcatori utili alla diagnosi di CHD ad alto rischio, indagati sfruttando i campioni raccolti per lo screening neonatale.

LE CARDIOPATIE CONGENITE AD ALTO RISCHIO

La cardiopatia congenita (CHD) è la malformazione d’organo più comune negli esseri umani e colpisce circa 1 neonato su 125. La CHD critica, riferita a casi che richiedono una gestione chirurgica cardiaca durante l’infanzia a causa di segni evolutivi di insufficienza cardiaca o tipi in cui la circolazione postnatale dipende dalla pervietà del dotto arterioso, si verifica invece in circa 1 neonato su 500.

L’identificazione di cardiopatia congenita critica può essere parzialmente ottenuta tramite screening ecografico prenatale materno, con rilevamento in circa la metà dei casi, che a sua volta fornisce tempo per la consulenza genitoriale, la pianificazione e la stabilizzazione postnatale prima dell’intervento chirurgico, anche se questi casi possono spesso rappresentare le forme di CHD più complesse.

L’altra metà dei casi è legata a diagnosi tempestive postnatali, che per ridurre al minimo la morbilità e la mortalità utilizzano esami clinici o screening neonatali aggiuntivi con pulsossimetria, sebbene quest’ultima continui ad avere una sensibilità modesta con diagnosi, come la coartazione aortica, che rappresentano sfide significative.

LA RICERCA SVEDESE

Questo studio diagnostico si è svolto in Svezia tra il 2019 e il 2023 e ha arruolato neonati a termine nati tra il 2005 e il 2023. Tutti i casi sono stati identificati tramite servizi centralizzati di chirurgia cardiotoracica pediatrica a Lund e Goteborg, Svezia. I controlli sono stati seguiti per 1 anno per garantire che non si verificassero presentazioni tardive di CHD ad alto rischio. I casi sono stati verificati tramite cartelle cliniche chirurgiche ed ecocardiografia.

I neonati coinvolti sono stati 313. I campioni DBS analizzati includevano 217 casi di CHD e 96 controlli. Tra i casi di CHD, 188 partecipanti (89,3%) erano tipi ad alto rischio, di cui 73 (38,8%) erano sospettati in epoca prenatale. Dei 188 casi ad alto rischio, 94 (50,0%) hanno superato lo screening con pulsossimetria (ossimetria dal polso) e 36 (19,1%) sono stati inizialmente dimessi dopo la nascita senza diagnosi.

In tutti i bimbi, NT-proBNP e IL-1 RL1 sono stati analizzati utilizzando 3 μL di DBS e hanno permesso di distinguere bene i controlli dai casi di CHD, compresi i casi asintomatici non identificati tramite ecografia fetale, esame clinico postnatale o pulsossimetria.

La combinazione dei test NT-proBNP e IL-1 RL1, dunque, ha funzionato meglio rispetto ai metodi di screening esistenti e ha consentito un’ulteriore identificazione di neonati asintomatici.

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