Malattie lisosomialiNewsRegioni

Malattia di Pompe: nel Nord-Est Italia un caso su 18.795 persone

Malattia di Pompe: nel Nord-Est Italia un caso su 18.795 persone

Un nuovo studio dimostra che lo screening per la patologia può essere esteso già da oggi all’intera popolazione neonatale nazionale

Nell’area del Triveneto, dal 2015, è stato avviato un progetto pilota di screening neonatale per quattro patologie lisosomiali: malattia di Pompe, malattia di Fabry, malattia di Gaucher e mucopolisaccaridosi di tipo I (MPS I). Negli ultimi sette anni, dunque, più di 200.000 neonati nati nell’area compresa fra Veneto (province di Padova, Venezia, Treviso e Belluno), Friuli Venezia Giulia e per alcuni anni provincia di Trento hanno potuto beneficiare di questo servizio di diagnosi precoce.

Responsabile del progetto è il Centro Regionale per lo screening neonatale esteso dell’Azienda Ospedale-Università di Padova, diretto dal prof. Alberto Burlina, che questo mese ha pubblicato sulla rivista Molecular Genetics and Metabolism Reports i risultati di questa esperienza, relativamente alla malattia di Pompe. Il team di Padova, inoltre, ha presentato le modalità di gestione dei pazienti con Pompe a esordio infantile (IOPD) oppure a esordio tardivo (LOPD, meno grave), ed è riuscito a individuare un parametro predittivo della gravità del fenotipo di malattia, al basale e durante il follow-up: il tetrasaccaride del glucosio urinario si infatti è rivelato un utile biomarcatore per differenziare rapidamente i pazienti IOPD da quelli LOPD e monitorare la risposta alla terapia.

La malattia di Pompe, infatti, si manifesta in due forme, entrambe causate da un deficit dell’enzima lisosomiale alfa-glucosidasi acida (GAA): una con presentazione infantile acuta (IOPD) caratterizzata da grave cardiomiopatia, che se non riconosciuta e trattata porta rapidamente a morte, e una forma progressiva neuromuscolare (LOPD). Per il trattamento di questa patologia è disponibile la terapia enzimatica sostitutiva (ERT), ma per ottenere esiti migliori – specialmente nelle forme più gravi – è essenziale la diagnosi precoce mediante screening neonatale. I sette anni di attività nel Triveneto confermano l’importanza di questo strumento: 206.741 neonati sono stati sottoposti al test – eseguito con la tecnica della spettrometria di massa tandem per l’attività dell’alfa-glucosidasi – e fra loro ne sono stati identificati 39 positivi alla malattia di Pompe (lo 0,019%). Undici presentavano due varianti patogene del gene GAA (3 IOPD, 8 LOPD) e sei erano portatori di varianti di significato incerto (VUS). I pazienti con IOPD sono stati diagnosticati entro la prima settimana di vita e trattati prontamente con esito favorevole, mentre quelli con LOPD e i neonati con VUS (età media 3,4 anni) sono periodicamente monitorati.

Lo studio ha rivelato un’incidenza della patologia nel Nord Est Italia pari a un caso su 18.795 persone (IOPD uno su 68.914, LOPD uno su 25.843) e l’assenza di mortalità nei soggetti con esordio infantile trattati dalla nascita. La frequenza clinica riportata della malattia di Pompe in tutto il mondo è di un caso su 40.000, mentre uno studio italiano, nel 2002, aveva stimato un caso su 120.743 con riferimento alle sole forme pediatriche. “I nostri risultati mostrano la grande forza dell’indagine neonatale precoce, che permette una capillare diagnosi della patologia e segnala come i recenti fenomeni migratori, quali la recente immigrazione dal Nord Africa (4 pazienti affetti su 11), abbiano influito anche nell’incidenza delle patologie rare. Il nostro studio, inoltre, ha dimostrato la presenza della patologia soprattutto per le forme LOPD”, spiegano gli autori dello studio. “È da sottolineare che la frequenza da noi indicata è simile a quella rilevata in altri programmi di screening in tutto il mondo, come Taiwan (1:18.436), Illinois (1:23.596), Pennsylvania (1:16.095) e New York (1:20,190), e ciò rafforza l’importanza dello screening neonatale”.

Lo studio, il più ampio finora riportato in Europa, non solo epidemiologico ma anche di follow-up, dimostra quindi che lo screening per la malattia di Pompe è fattibile e dovrebbe essere esteso quanto prima all’intera popolazione italiana, data l’elevata incidenza della patologia e le possibilità terapeutiche. Va segnalato che lo screening identifica anche le forme a comparsa tardiva (in età adulta), con tutte le difficoltà di predire i fenotipi sulla base di parametri biochimici e genetici, e quindi di determinare la migliore gestione di questi pazienti. Nella LOPD, infatti, è necessario un rigoroso follow-up a lungo termine per valutare il momento migliore per iniziare la terapia. Altre sfide sono rappresentate dal numero di falsi positivi dovuti all’elevata frequenza di alleli di pseudodeficienza (mutazioni nella sequenza del gene GAA in grado di produrre una minore attività dell’enzima alfa-glucosidasi che tuttavia non risulta sufficientemente ridotta da provocare i sintomi della malattia di Pompe).

Il follow-up a lungo termine di questi pazienti e l’opportunità di condividere esperienze attraverso database internazionali (ad esempio il Pompe Registry, sponsorizzato da Sanofi Genzyme) stanno fornendo preziose informazioni sulle correlazioni fra genotipo e fenotipo e sulla storia naturale della LOPD. Questo permetterà di definire meglio le prime manifestazioni cliniche e biochimiche e l’impatto del trattamento precoce: tutte informazioni che stanno aprendo la strada a una gestione ottimizzata dei pazienti”, concludono gli esperti.

Lo screening neonatale, infatti, non ha il solo obiettivo di consentire una diagnosi e un trattamento precoci, ma anche quello di abbreviare l’odissea diagnostica, evitare diagnosi errate o test diagnostici invasivi e ingiustificati come la biopsia muscolare, identificare parenti affetti o portatori, fornire informazioni sulle opzioni riproduttive e, per i pazienti con LOPD, consentire scelte informate più avanti nel corso della vita. Inoltre, lo screening fornisce dati importanti sulla prevalenza della malattia e sui genotipi più frequenti, aumentando così la conoscenza della storia naturale della patologia.

Next article Screening neonatale in Europa: una fotografia sui diritti di 11 milioni di neonati
Previous article ADA-SCID, deficit di AADC e sindrome adrenogenitale: in Abruzzo quasi 5.000 neonati già sottoposti a screening

Related posts