La collaborazione fra gli Stati farà aumentare la diffusione del test nel Mediterraneo meridionale e il numero delle patologie ricercate
In Europa ci sono enormi discrepanze sia nella regolamentazione dello screening neonatale, sia nel numero di malattie ricercate. Il pannello nazionale di Italia, Portogallo, Austria e Grecia è composto da più di 25 patologie, in quello di Regno Unito e Francia figurano meno di 10 condizioni, mentre in Romania e a Cipro sono solo due. L’Albania e parte del Kosovo, infine, non hanno ancora istituito un programma ufficiale.
L’introduzione di tecnologie innovative ad alto rendimento, come la spettrometria di massa tandem, in molti laboratori in tutta Europa, ha portato al graduale ampliamento del pannello delle condizioni sottoposte a screening, che generalmente include aminoacidopatie, disturbi del ciclo dell’urea, organico acidemie e disturbi dell’ossidazione degli acidi grassi.
LA SITUAZIONE IN EUROPA
Storicamente, il test per la fenilchetonuria (PKU) è stato il primo ad essere introdotto, negli anni ’60, seguito da quello per l’ipotiroidismo congenito: a causa della loro elevata incidenza (superiore a 1 caso su 10.000), lo screening per queste due patologie è il più diffuso. L’International Society for Neonatal Screening ha condotto un’analisi dettagliata dei programmi in Europa, considerando anche Israele, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan, e ha dimostrato che tutti i Paesi eccetto il Montenegro hanno introdotto la PKU e tutti eccetto la Moldavia hanno incluso l’ipotiroidismo congenito. Attualmente, lo screening per la fibrosi cistica e per l’iperplasia surrenalica congenita viene eseguito in circa il 50% dei Paesi.
Molti Stati dell’Europa meridionale hanno programmi di screening minimi o assenti. Gli ostacoli possono essere diversi: risorse economiche limitate, istruzione sanitaria inadeguata, supporto governativo insufficiente e un numero sostanziale di parti extraospedalieri. Questi e altri temi sono stati affrontati da un gruppo di esperti provenienti da Italia, Albania, Grecia e Cipro: i clinici si sono incontrati per discutere le disparità tra i Paesi in merito a pratiche, normative, risorse e competenze necessarie per la gestione di queste malattie. Poiché l’Italia ha una lunga esperienza con lo screening neonatale, i partecipanti italiani (Elena Porcù di Padova, Lucia Santoro di Ancona e Daniela Crisci di Napoli) hanno svolto il ruolo di moderatori dell’incontro e hanno suggerito possibili azioni per affrontare i problemi nella regione del Mediterraneo. Ciò che è emerso dall’incontro è stato poi pubblicato sul Journal of Innate Metabolism (JIM).
ALBANIA
Il tasso di natalità in Albania è diminuito significativamente a partire dal 1990, a causa dei cambiamenti politici, e oggi è di circa 25-30.000 neonati l’anno. La maggior parte degli abitanti vive nel distretto di Tirana e la maggior parte delle nascite avviene in questa zona. Come detto, non esiste un programma nazionale e lo screening viene eseguito solo volontariamente in ospedali non pubblici all’interno di servizi di parto a pagamento; le macchie di sangue essiccato vengono raccolte dai neonati e inviate a un laboratorio estero per l’analisi. Tuttavia, questi servizi a pagamento riescono a intercettare una piccolissima percentuale della popolazione albanese, pari a circa il 7% delle nascite totali.
CIPRO
A Cipro lo screening è iniziato nel 1988 e, al momento, include solo la fenilchetonuria e l’ipotiroidismo congenito. Nel 2016 un comitato di specialisti ha raccomandato di estenderlo a otto malattie metaboliche ereditarie e nel 2022 è stata presa una decisione formale di espansione con l’adozione della spettrometria di massa tandem; tuttavia, il programma non è ancora stato modificato per diversi motivi, tra cui i dubbi sulla disponibilità delle opportunità terapeutiche. Gli sforzi collaborativi nello screening e nel più ampio campo dei disturbi genetici sono stati finora informali e spesso basati su reti personali e partnership regionali, in particolare con Grecia e Israele, ma per migliorare l’efficacia e la portata dei servizi sarebbero opportune delle collaborazioni formali a livello nazionale.
GRECIA
Nel 1974 è stato avviato in Grecia un programma di screening, sponsorizzato dal Ministero della Salute e del Welfare e amministrato dall’Institute of Child Health di Atene. Questo programma include 29 patologie fra cui la fenilchetonuria, l’ipotiroidismo congenito, la galattosemia e il deficit di glucosio-6-fosfato deidrogenasi (G6PD, noto come favismo). Due anni fa, superando i precedenti vincoli finanziari, è stato introdotto nel Paese uno spettrometro di massa tandem che ha determinato dei progressi nell’efficienza dello screening, con una forte enfasi sulla collaborazione nazionale e internazionale: i biochimici greci hanno acquisito competenze da altri Paesi, principalmente dall’Austria, per migliorare le loro conoscenze nella gestione dei test e delle malattie metaboliche ereditarie. Nonostante alcuni ostacoli tecnici, c’è ottimismo sulla possibilità di avviare il programma di screening esteso nel 2024, includendo altre malattie metaboliche ereditarie, in particolare quelle a rischio di scompenso acuto.
COLLABORARE E CONDIVIDERE
In Europa, lo screening neonatale è visto come un sistema complesso, integrato e multidisciplinare: sono attive varie collaborazioni interstatali e i contatti tra i responsabili dei programmi sono promossi durante conferenze e seminari. “L’International Society for Neonatal Screening ha affermato che le malattie rare nel loro complesso rappresentano un notevole onere per la salute pubblica in Europa e che è necessaria una cooperazione internazionale per superare le disparità nella disponibilità e nella conduzione dei programmi di screening”, ricordano gli autori dell’articolo.
Inoltre, sono disponibili database per la consultazione pubblica ed è stato recentemente stabilito uno stretto collegamento tra le principali organizzazioni europee. “Grazie alla collaborazione tra i Paesi, sarà possibile rendere lo screening accessibile in tutta Europa, auspicabilmente con linee guida internazionali comuni e direttive condivise. Ciò – concludono gli esperti – porterà alla rapida individuazione dei neonati potenzialmente affetti da una delle numerose malattie rare, aiuterà il personale locale competente a intraprendere azioni appropriate e migliorerà lo stato di salute pubblica in tutti i Paesi europei”.